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Vivekananda

Swámi Vivekànanda, il cui nome di famiglia era Narendranáth Dutta, nacque nel 1863 figlio di Bisvanàth, un noto avvocato di Calcutta, e di Bhuvanesvari Devi, una donna di grande intelligenza e devozione. Bisvanáth era solito intrattenersi in erudite conversazioni con clienti e amici su argomenti di politica, religione e problemi sociali. Egli sollecitava il figlio a prendere parte a tali eventi e ad esprimere la sua opinione in merito all’argomento trattato.

Narendra imparò l’Epica e i Purána dalla madre che era molto abile nel raccontare le favole. Dalla madre egli ereditò, fra molte altre qualità, la memoria e infatti le doveva molto, come egli stesso avrebbe successivamente riconosciuto.
Narendra era davvero poliedrico. Sapeva cantare, riusciva molto bene nello sport, aveva la battuta pronta, una vasta conoscenza, una mente razionale e un grande senso di solidarietà verso la gente. Aveva doti naturali di comando ed era molto ricercato dalla gente grazie alle sue qualità.

Quale studente di filosofia, il problema dell’esistenza di Dio occupava insistentemente i suoi pensieri. Esisteva un Dio? In questo caso, che aspetto aveva? Che tipo di rapporti avevano con Lui gli uomini? Questo mondo, con le sue molteplici anomalie, era una sua creazione? Affrontò questi problemi con molte persone ma nessuno riuscì a dargli risposte soddisfacenti. Si mise allora alla ricerca di persone che potevano affermare di aver visto Dio ma non ne trovò. Si recò infine da Ramakrishna nel 1881 per cercare risposte.

Sri Ramakrishna riconobbe all’istante il suo futuro messaggero, e con le lacrime agli occhi gli comunicò che attendeva da tempo il suo arrivo e che era l’incarnazione di NARAYANA, sceso sulla terra per rimuovere la miseria dell’umanità. La mente acuta, razionale e sofisticata del giovane Narendranath considerò strano il comportamento del Maestro, tuttavia, prima di andarsene gli chiese se aveva visto Dio. Il Maestro rispose di sì e Narendranath rimase stupefatto: sentiva che le parole del Maestro erano vere, ma non riusciva a conciliare questa straordinaria verità con il Suo strano comportamento. La seconda visita fu ancora più sconcertante: mentre viveva uno stato di estasi, il Maestro gli si avvicinò e lo toccò con il piede destro. A quel tocco, Narendranath vide all’improvviso scomparire tutto ciò che lo circondava, compreso se stesso, ed ebbe l’impressione di fare l’esperienza della morte, cosa che lo spaventò e lo fece gridare al Maestro di smettere. La terza volta fu ancora peggio e, nonostante si fosse ripromesso di non abbassare mai la guardia, non poté fare nulla quando Sri Ramakrishna lo portò in giardino e lo sfiorò mentre era in trance, facendogli perdere coscienza. Il Maestro diceva spesso ai suoi discepoli, parlando di lui, che era uno dei sette grandi rishi o saggi che vivono nel reame dell’Assoluto.

Secondo le istruzioni del suo maestro (che lasciò il corpo fisco nel 1896)  fondò nel  1897 la  Ramakrishna Mission allo scopo di “promuovere il miglioramento delle condizioni spirituali e materiali dell’umanità intera, senza alcuna distinzione di casta, credo, razza, nazionalità, genere e religione”, e di promuovere la fratellanza fra gli adepti delle diverse religioni, nella consapevolezza che si tratta di forme differenti di unica Religione eterna ed universale.